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KHALAB & M'BERRA ENSEMBLE  

 

Il produttore italiano Raffaele Costantino annuncia 'M'berra', un album registrato con l'aiuto di un gruppo di musicisti africani da lui guidato e pubblicato da Real World. In uscita il 23 aprile in tutti i formati, l'edizione in vinile è deluxe con LP giallo e un booklet strepitoso. 

Ci sono storie. Ricordi e sogni, ricordi e desideri. Ci sono verità raccontate direttamente e modellate in forme. C'è lotta e resilienza. Umanità. Dappertutto c'è musica.

 

Musica come connessione, sostentamento, speranza, gioia. Musica antica e futura alimentata dagli antenati e che gira nello spazio e nel tempo. Musica che dà libero sfogo ai meno fortunati, aprendo le porte del cosmo e abbracciando dall'altra parte l'autodeterminazione, la liberazione.

 

M’berra. Un viaggio visionario di un artista alla ricerca di un nuovo linguaggio di espressione.

 

Questo è il suono, la storia di M’berra Ensemble, un collettivo di musicisti maliani dell'omonimo campo nel sud-est della Mauritania e del produttore italiano Khalab. In una tentacolare tendopoli che sorge dal deserto, dal nulla, al confine con il Mali, nell'Africa occidentale, riuniti dallo spirito e dalle circostanze, i membri arabi e Tuareg del gruppo - alcuni sconosciuti, altri che hanno già girato l'Europa - trovano conforto e bellezza nella musica e nel canto.

 

Le loro verità sono autentiche e diverse: 'Non c'è solo una storia da raccontare qui', dice Khalab, che insieme al fotografo francese Jean-Marc Caimi ha visitato il campo nel 2017 su invito di Intersos, la più grande ong italiana in prima linea nelle emergenze globali.

 

'Le storie vere includono musicisti, la loro musica, i loro nomi'. Tra loro, Amano Ag Issa e Mohammed Issa Ag Oumar dei Tartit, quel gruppo tanto celebrato dalla regione di Timbuktu nel nord del Mali. Ricordando in vario modo il loro passato e rivendicando il loro presente con voci orgogliose e grintose; brandendo chitarre elettriche e strumenti tradizionali - il tehardent simile al liuto, l'imzad a corda singola - attraverso dodici brani che raccontano resistenza e libertà, tempeste e lune desertiche.

 

M’berra. È una docu-fiction, nutrita dal blues sub-sahariano e dalla magia spaziale dell'Afro-futurismo, un genere e una filosofia all'incrocio tra la cultura e la tecnologia della diaspora africana, la cui figura iconica primitiva Sun Ra usava l'extraterrestre come una liturgia da esplorare, sovvertire e potenziare.

 

Questo è il suono, la storia, di Khalab [Raffaele Costantino]. Un produttore con una prospettiva psichedelica e un profondo amore per la musica africana e per l'Afro-futurismo. Già acclamato per la sua prima opera satura di loop, ripetizioni trance e trascendenze in cui collaborava con artisti del calibro del percussionista maliano Baba Sissoko, Khalab è oggi ancora più elogiato.

 

L'album cruciale 'Black Noise 2084' (On the Corner, 2018) e la successiva serie di singoli e collaborazioni incluse quelle con il jazzista britannico Shabaka Hutchings hanno ulteriormente portato il nome di Khalab tra quelli più in vista nella scena internazionale.

 

Nel 2017 è atterrato nel campo di M’berra intercettando umori e talenti per un nuovo album, curioso delle culture e sensibilità di quel territorio, in equilibrio tra tradizione e modernità.

'La musica elettronica di Khalab sembra così distante, così aliena!', dice Fadimata Walett Oumar (a.k.a. Disco, leader dei Tartit). 'Allo stesso tempo, mentre ascolto e riascolto, sento che la sua musica è ben armonizzata con le nostre voci, le nostre canzoni, i nostri strumenti. Sono fortemente convinta del potere di innovazione dell'individuo. La combinazione di generi musicali manterrà viva la nostra tradizione'.

 

Le sessioni di registrazione sono state ultimate a Roma con l'aiuto di Adriano Viterbini (I Hate My Village, Bud Spencer Blues Explosion) e il jazzista Tommaso Cappellato. L'etnologa Barbara Fiore ha portato Khalab a una più profonda comprensione della cultura e delle tradizioni Tuareg, aiutandolo a rimanere in contatto con i musicisti del campo durante il periodo italiano di produzione dell'album.

 

I maliani con i loro occhi bruciati dalla sabbia e gli abiti color caramello sono abilmente catturati dall'obiettivo di Caimi, i cui ritratti intimi evocano un incantesimo reso duro dallo sfondo surreale del deserto.

 

M’berra parla di storie dentro storie: di vite individuali capovolte e riconfigurate. Di una scena musicale piccola ma fiorente in una metropoli effimera. Di un'organizzazione umanitaria che non solo aiuta ma abilita. Di un produttore italiano incaricato di creare un progetto prestigioso che unisce, trasferisce emotività e guarisce.

 

Della natura essenziale della musica.

 

Parole di Jane Cornwell

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